women, vietnam, asia, hung yen, handmade, traditional, bamboo, decor, women, women, vietnam, vietnam, vietnam, vietnam, vietnam, asia, bamboo, bamboo, bamboo

C’è un Vietnam che non si vede, ma si ascolta. Un Vietnam che non si legge nei manuali di storia, ma che vibra tra corde tese, flauti di bambù e voci che sembrano sospese nel tempo. È un Paese che si svela attraverso la sua musica, come un profumo antico rimasto intrappolato in una vecchia sciarpa di seta. In un’epoca in cui tutto corre, il Vietnam musicale invita a fermarsi. E ad ascoltare.

Non è una musica che grida, quella tradizionale vietnamita. È fatta di sussurri, di silenzi, di dettagli. Basta una cetra, il đàn tranh, per raccontare una dinastia. Basta una voce femminile che intona un Ca trù, ed è come se ci si trovasse improvvisamente in una casa comune del XV secolo, tra intellettuali e poeti che usano la musica per sedurre la mente più che i sensi. Questo genere antico, oggi quasi mistico, è stato riscoperto come un simbolo d’identità culturale profonda, raccolto in archivi, studi universitari e performance rare, che sembrano più cerimonie che spettacoli.

Anche la musica di corte, quella raffinata e imperiale della dinastia Nguyễn, conserva una grazia distante e sofisticata, come certi abiti d’alta moda custoditi nei musei, non fatti per essere indossati tutti i giorni ma per ricordare ciò che è stato. Si chiama Nhã nhạc, e ancora oggi risuona nei teatri di Huế, la vecchia capitale, dove ogni nota pare voler ricomporre il silenzio perduto della storia.

Ma la vera anima musicale del Vietnam si nasconde nei canti della terra, nei cori dei contadini che lavoravano i campi e improvvisavano versi per rendere più leggera la fatica. Gli e i sono canti semplici, ma carichi di autenticità. Sono l’equivalente sonoro di un tessuto grezzo ma sincero, come il lino stropicciato: imperfetto, ma vivo. Alcune raccolte rare, conservate in centri culturali o nelle biblioteche dei conservatori, custodiscono questi tesori orali che parlano di pioggia, raccolto, amore e partenze.

Durante il ventesimo secolo, la musica in Vietnam ha subito trasformazioni intense, diventando anche voce della guerra e rifugio del cuore. Le canzoni nate in quegli anni raccontano non solo la lotta, ma anche il desiderio di normalità. Alcune raccolte sonore conservano queste ballate struggenti, le Tình ca, dove la nostalgia si intreccia con il sogno di pace. Si tratta di un repertorio commovente e raffinato, che oggi viene riscoperto anche dai giovani musicisti e riportato alla luce con eleganza e rispetto.

Oggi, la scena musicale vietnamita è in piena metamorfosi, sospesa tra innovazione e recupero. Il pop moderno, chiamato V-pop, si presenta con estetiche curate, coreografie mozzafiato, videoclip degni di una maison di alta moda. Ma sotto la superficie luccicante, pulsa ancora il cuore antico. Artisti come Hoàng Thùy Linh recuperano strumenti tradizionali e li inseriscono in produzioni sofisticate, creando una fusione che affascina anche l’Occidente. È musica che sa essere seducente e colta allo stesso tempo, come un abito tradizionale áo dài reinterpretato in chiave haute couture.

Anche la scena indie e rap riserva sorprese. Alcuni brani contemporanei citano poesie classiche, ritmi popolari e leggende antiche, come se i giovani artisti sentissero ancora il bisogno di tessere un filo invisibile con il passato. In questo dialogo tra ieri e oggi, la musica diventa la colonna sonora di un’identità in movimento, sempre elegante, mai urlata.

Il Vietnam, insomma, canta. E lo fa in modo tutto suo, con voce sottile ma inconfondibile, come una modella che sfila a piedi nudi su un pavimento di legno antico. Ogni nota è un gesto, ogni silenzio una pausa voluta. È musica che non chiede di essere capita subito, ma amata nel tempo. Proprio come il Paese da cui proviene.

Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.